L’Alfa Romeo è napoletana: la pazza storia che nessuno vi ha mai raccontato

Il marchio meneghino dell’Alfa Romeo ha delle radici campane. Ecco a chi si deve la straordinaria intuizione che diede vita alla leggenda.  

La storia dell’Alfa Romeo è iniziata, ufficialmente, nel 1910 con l’acronimo A.L.F.A. “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili”, facendo chiaro riferimento alla fondazione avvenuta in Lombardia. Solo nel 1918, in seguito all’acquisizione del controllo della società da parte di Nicola Romeo, il brand cambiò nome.

L'Alfa Romeo è napoletana
Derapate.it (AdobeStock)

L’imprenditore ed ingegnere campano nacque a Sant’Antimo nel 1876. La famiglia era di umili origini e per mantenersi a scuola il piccolo Romeo dovette dare delle ripetizioni ed aiutare la famiglia. Nel 1899 riuscì a conseguire la laurea in ingegneria civile presso la scuola di applicazione a Napoli, attuale Università degli Studi Federico II, per poi trasferirsi in Belgio per specializzarsi in ingegneria elettrotecnica.

Nel corso della sua vita ebbe il coraggio di addentrarsi nei settori ferroviari ed idraulici con esperienze in Francia e in Germania. Una volta tornato in Italia trovò posto solo come capostazione a Tivoli. Quel rifiutò segnò la nascita di marchio leggendario. In uno dei tanti viaggi per colloqui di lavoro, il giovane conobbe un dirigente della società inglese Robert Blackwell che aveva intenzione di aprire una filiale in Italia.

Romeo fece esperienza nella società e, in seguito, decise di aprire una comandata semplice con il suo nome per la produzione di macchinari per le attività estrattive. Poco dopo essersi specializzato nella produzione delle prime automotrici italiane a motore termico l’imprenditore decise di realizzare, nel 1909, la società italiana automobili Darracq. Attiva dal 1906 al 1909, è stata l’antesignana dell’Alfa Romeo. Nonostante le vicissitudini, Ugo Stella, che era l’amministratore delegato della “Società Italiana Automobili Darracq” comprese la portata del progetto.

Alfa Romeo, l’intuizione di Romeo

L’ingegnere partenopeo avrebbe potuto fondare il brand anche al Sud, ma ebbe bisogno di un gruppo di imprenditori lombardi e per questo motivo gli stabilimenti furono realizzati al Portello. Finita la Seconda Guerra Mondiale Nicola Romeo dovete anche occuparsi della ricostruzione delle officine ferroviarie meridionali di Napoli, meccaniche di Saronno e di Roma, affrontando i problemi della riconversione e della recessione post bellica.

Di fatto l’imprenditore di Sant’Antimo si specializzò sempre più nelle automobili, riuscendo anche a conquistare importanti traguardi nell’ambito sportivo. Il tecnico Vittorio Jano, precedentemente alla FIAT, fu uno degli uomini più importanti per il marchio del Biscione nella realizzazione di modelli che entrarono di diritto nella storia del Motorsport. Il driver Ugo Sivocci conquistò la prima delle dieci vittorie nella Targa Florio.

L’azienda, comunque, continuò, parallelamente, ad investire sull’elettrificazione delle ferrovie e sulle costruzioni di locomotive elettriche. A causa del fallimento della Banca Italiana di Sconto, Romeo e gli altri soci arrivarono ai ferri corti, con l’ingegnere campano che fu estromesso dalla guida dell’Alfa Romeo nel 1925, per poi ricoprire per 3 anni il ruolo di Presidente sino all’addio definitivo all’azienda.

Il 9 novembre 1925 gli fu conferita a Napoli la medaglia d’oro e, l’anno successivo, venne anche nominato Senatore del Regno. Il Comune di Milano gli ha intitolato una via. Nel 1938 Romeo si spense nella sua casa sul lago di Como.

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