Auto elettrica nemica dell’Europa: scatta l’allarme licenziamenti

L’auto elettrica si sta palesando sempre più come una scelta politica insensata con il rischio di mettere in ginocchio l’industria automobilistica europea.

Solo dei politici che non conoscono le reali condizioni in cui versano parte dei Paesi europei potrebbero prendere in considerazione l’idea di una transizione di tale portata in questo periodo storico. Dopo 3 anni di pandemia che hanno segnato la vita e le attività di milioni di persone, è arrivata puntuale l’invasione russa in Ucraina che ha generato ulteriori contraccolpi economici.

Auto elettrica crisi Europa (Adobe Stock)
Auto elettrica crisi Europa (Adobe Stock)

Il rincaro delle bollette, ma anche una inflazione record su tutti i beni di prima necessità, hanno portato gli italiani ad attingere agli ultimi risparmi rimasti. In questo scenario di crisi, con il parco auto circolante più vetusto d’Europa, chi potrà consentirsi il passaggio all’elettrico? La risposta è semplice. In futuro solo una nicchia di persone potrà acquistare una EV, magari come seconda auto, potendo usufruire del mezzo da early adopter. Un bel rischio, anche perché sulla durata delle batterie e sul mercato dell’usato, rimangono ancora moltissimi dubbi.

Al di là della mancanza di infrastrutture nel nostro Paese che, considerati i tanti problemi attuali, potrebbe anche passare, come sta accadendo, in secondo piano, a spaventare sono i possibili licenziamenti. L’industria dell’Automotive per decenni è stato concepita sullo sviluppo di competenze legate ai motori termici. Il Presidente dei costruttori europei ha, recentemente, segnalato la perdita di competitività del settore. L’auto è passata da bene popolare a bene di lusso. Sempre meno potranno consentirsi l’acquisto di una vettura di proprietà di ultima generazione. La crisi dei componenti e le lungaggini per il ricevimento dei veicoli, certo, non hanno stimolato i pochi appassionati risparmiatori.

Il quadro è più nero della mezzanotte, ma in ambito europeo si continua ad insistere con la dead line del 2035. Vietati tutti i motori termici, compresi i super moderni hybrid, che farebbero la stessa fine tra 12 anni. Una presa di posizione netta e pericolosa che rischia di incidere in modo determinante sul settore Automotive europeo e sulla sua tenuta nella concorrenza con gli altri mercati. Ad avanzare è l’armata cinese che, grazie a questo panorama di crisi, sta trovando sempre più spazio. Nonostante siano loro ad inquinare più di tutti, stanno ricevendo solo regali pronti da scartare.

Nel momento in cui da oggetto di culto, l’automobile è diventata uno smartphone su quattro ruote, la gente acquisterà il modello più economico e non sarà mai un brand europeo. Luca De Meo, amministratore delegato del gruppo Renault e Presidente di Acea, l’Associazione europea dei costruttori di automobili, ha sposato la linea Tavares, lanciando un allarme terrificante. È “urgente”, ha dichiarato, come riportato dalla Repubblica, il Presidente Acea, “per l’Europa di adottare un piano industriale per l’auto ambizioso e strutturato per contrastare quelli di altre regioni globali che incentivano il percorso verso le zero emissioni. La svolta verso l’auto elettrica pone l’Europa in svantaggio nel controllo della catena del valore specialmente nei confronti dei concorrenti cinesi”.

Auto elettrica, che guaio per l’Europa

Se non ci sarà un piano industriale diverso in U.E. il rischio di avere un contraccolpo alle nostre latitudini è scontato. Si stanno mettendo a rischio 300.00 persone su circa 13 milioni di lavoratori del comparto. Uno scenario ben peggiore di quello che si preventivava all’inizio della transizione elettrica. Si rischia un Europa a due velocità, in un confronto con altre realtà che, invece, stanno avendo un’accelerazione da monoposto di F1. L’appello di De Meo suona come ultima spiaggia, per salvaguardare e promuovere il libero scambio in un mercato schiacciato dalle due superpotenze.

Si rischia di perdere un fetta dell’8% del Pil europeo, mandando per strada milioni di famiglie. De Meo, nella lettera inviata all’UE ha aggiunto che “l’industria automobilistica è una potenza economica per l’Europa e sta guidando la transizione verso una mobilità a emissioni zero. Le recenti tendenze mostrano tuttavia che sta gradualmente perdendo terreno rispetto ai suoi principali concorrenti globali. Le prossime sfide del settore sono di fondamentale importanza”.

Ora non è più possibile rimanere inermi. Bisogna adottare un nuovo piano industriale in Europa per l’industria dell’Automotive. E’ una sfida nuova, ma che potrebbe comportare i più alti rischi solo per l’Europa che è già in svantaggio nella catena del valore, specialmente nei confronti dei concorrenti cinesi. Quali sono le auto più vendute del 2022? Tante sorprese. Gli italiani preferiscono le auto usate: ecco i modelli più convenienti

L’elettrico per l’Europa potrebbe essere il più grande autogol della storia economica del Vecchio Continente. In particolare, a creare tensione tra i costruttori è il nuovo standard Euro 7. Secondo De Meo, dopo i tanti investimenti, c’è la possibilità che produca un ulteriore rialzo di 2.000 euro sul prezzo finale delle automobili. Proseguendo su questa strada, sostiene il Presidente Acea, un costruttore come Renault sarebbe costretto a chiudere 4 fabbriche. Allargate il concetto a tanti altri brand europei già in affanno e si rischia un collasso economico di proporzioni apocalittiche.

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