Ferrari, arriva la verità di Mattia Binotto: ecco cosa ha detto

Mattia Binotto non è più il team principal della Ferrari, ma è tornato a parlare della Rossa in questi ultimi giorni. Ecco cosa ha detto.

Quello che c’è stato tra Mattia Binotto e la Ferrari è stato un matrimonio lunghissimo, iniziato nel lontano 1995. All’epoca, il giovane Mattia era un neo-laureato, che entrò a far parte della Scuderia modenese come tecnico della squadra test. Grazie alla sua bravura, l’ingegnere di Losanna ha poi scalato varie posizioni nelle gerarchie, sino ad assicurarsi prima il ruolo di direttore tecnico a metà del 2016 e poi quello di team principal.

Ferrari Mattia Binotto (ANSA)
Ferrari Mattia Binotto commenta la nuova auto (ANSA)

Binotto ha rimpiazzato Maurizio Arrivabene a partire dal gennaio del 2019, ed i disastri sono presto cominciati. Un anno dopo, infatti, è dovuto scendere a patti con la FIA stipulando quell’accordo segreto di cui si è parlato troppo poco, per una presunta irregolarità della power unit utilizzata nell’anno precedente.

La Ferrari è stata così costretta ad un 2020 da incubo, chiudendo addirittura al sesto posto nel mondiale costruttori, con tre miseri podi e nessuna vittoria, così come nessuna pole position. Si è trattata della peggior stagione, in termini di posizionamento finale, dal lontano 1980, quando la disastrosa 312 T5 costrinse il campione del mondo in carica, Jody Scheckter, e Gilles Villeneuve ad un’annata terribile.

Il 2021 è stato leggermente migliore, ma pur sempre lontano dagli standard della Scuderia modenese, con cinque podi, due pole position, zero vittorie ed il terzo posto nel mondiale costruttori. A Maranello si era giustamente deciso di puntare tutto sulle nuove regole del 2022, che hanno riportato in F1 le auto ad effetto suolo.

Dopo una partenza brillante, si è materializzato il solito disastro, tra problemi di affidabilità, errori di strategia e sviluppi mancati, cose che hanno permesso a Max Verstappen ed alla Red Bull di dominare la scena senza problemi. Anche la gestione di Charles Leclerc e Carlos Sainz è stata pessima, ed i risultati scadenti hanno portato alla rivoluzione dello scorso inverno.

A fine novembre, è stato annunciato che Binotto non sarebbe stato più il team principal del Cavallino, venendo rimpiazzato da Frederic Vasseur, proveniente dall’Alfa Romeo Racing. Negli ultimi giorni, il tecnico reggiano è tornato a parlare, commentando la progettazione della nuova Rossa ed anche altri curiosi aspetti.

Ferrari, ecco il punto di vista di Mattia Binotto

La Ferrari e Mattia Binotto non sono più una cosa sola, ma è chiaro che di questo personaggio si continuerà a parlare per tanto tempo. Come spesso ricordiamo, si tratta di un ottimi ingegnere, che ha contribuito ai successi dei tempi di Michael Schumacher quando lavorava come motorista, ma non ci sono dubbi sul fatto che come team principal abbia fallito.

La gestione dell’ingegnere di Losanna è stata disastrosa sotto tutti i punti di vista, e la Scuderia modenese ha così deciso di rimpiazzarlo con Frederic Vasseur. Nei giorni successivi alla presentazione della nuova Rossa, Binotto è stato intervistato da “Il Corriere dello Sport“, analizzando l’attuale situazione.

Ecco le sue parole: “Quando si lavora in F1, è sempre errato parlare di singoli individui, c’è un intero gruppo che lavora ad un progetto. La SF-23 è una macchina la cui progettazione è avvenuta l’anno scorso, ma è sbagliato dire che è la mia vettura, è una vettura della Ferrari“.

In seguito, Binotto ha ampliato il discorso al fatto che per vincere deve funzionare tutto al massimo, a cominciare dal pilota: “Il pilota è colui che si trova alla guida, e credo che grazie al suo talento, alla mentalità ed alle capacità che ha quando si trova al volante possa fare una differenza di circa due decimi al giro“.

Credo che sia fondamentale il discorso legato al carisma del singolo pilota, che porta tutto il team a dare il meglio ed a non accontentarsi mai. Lui è il centro del gruppo, parla con la stampa, la presidenza e tutto lo staff della squadra. Non deve fare la differenza soltanto in pista, quando è alla guida della monoposto, ma anche sotto il profilo umano“.

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