Le auto moderne risultano sempre più tecnologie, ma il Vecchio Continente si è affidato con troppa fiducia al mercato cinese. Ecco cosa sta succedendo.
Il car market del Vecchio Continente è sempre più debole e a rischio. C’è una dipendenza dalla Cina che nessuno avrebbe potuto pronosticare sino a pochi anni fa. La tendenza era quella di proporre auto super accessoriate, potenti e costose senza pensare troppo all’efficienza o ai consumi. Questo trend europeo è stato spazzato via dal Green Deal e dalle imposizioni dei burocrati di Bruxelles. Di conseguenza, senza nemmeno troppi preavvisi, a fare la voce grossa sono stati i brand asiatici che hanno avuto un boom esponenziale.

Si tratterà pure di una bolla, secondo molti esperti, ma la crescita del Made in Cina è sotto gli occhi di tutti. Il Paese del Dragone, grazie anche all’appoggio statale, sta creando una flotta di marchi di altissimo profilo. La tecnologia è finita nelle mani di nuovi major che avevano maturato una vasta esperienza nei microchip e nelle batterie. L’Europa ha consegnato lo scettro, stendendo un tappeto rosso all’avanzata del Gigante asiatico.
Crisi improvvisa del mercato dell’auto europeo
Acea, l’Associazione europea dei costruttori di automobili “è sempre più preoccupata per l’imminente interruzione della produzione automobilistica Ue, a causa del blocco della fornitura di microchip (dalla Cina) fondamentali per la produzione. Il settore sta attualmente attingendo alle scorte di riserva, ma le forniture stanno rapidamente diminuendo”.

“Da un sondaggio condotto questa settimana tra i nostri membri, alcuni prevedono già un imminente arresto delle linee di assemblaggio”, è emerso nella nota che fa presente che “la controversia politica con la Cina rimane irrisolta”. Tremano Stellantis, Volkswagen e altri top brand. Dopo un 2024 da dimenticare, l’Acea ha annunciato che per i primi nove mesi dell’anno ci sono state 9.928.527 auto vendute nel Vecchio Continente, con un incremento dell’1,5% sull’analogo periodo dell’anno scorso. Va detto che essere leggermente su nel confronto con un 2024 da incubo non farà fare i salti di gioia ai costruttori. Si tratta di una lenta ripresa, divenuta ancor più complessa a causa delle forniture di terre rare e dei relativi chip prodotti in Cina.





