Gli operai dell’impianto Stellantis di Pomigliano d’Arco hanno lavorato in condizioni inaccettabili. La Fiom ha portato la questione in tribunale ed è arrivata una sentenza pesantissima.
Negli ’80 e ’90 era abitudine per molti studenti e lavoratori del sud Italia affrontare le stagioni più fredde con guanti e cappotto sulle spalle durante le loro attività a scuola come in fabbrica, un’abitudine che mal si conciliava con lo studio o il lavoro. A distanza di più di trent’anni, le condizioni in scuole o fabbriche non sono cambiate, neppure se quell’impianto è uno notoriamente di eccellenza, di portata internazionale come la Stellantis di Pomigliano d’Arco.

Il fatto: lungo la “linea final 1”, dove si installano sedili, porte, volante e specchietti sulle auto, scrivevano i metalmeccanici della Cgil, si erano verificati “a partire da gennaio” dei “malfunzionamenti all’impianto di riscaldamento/raffreddamento dell’aria” che causavano l’espulsione verso la linea “esclusivamente” di “aria fredda proveniente dall’esterno”.
Stellantis sotto accusa
Una situazione incompatibile con le condizioni lavorative, da qui le rimostranze e lamentele giustificate da condizioni disumane di lavoro, sino a giungere a vere e proprie astensioni e/o interruzioni, anche parziali, dalla prestazione lavorativa. Per ovviare al problema: un telone di plastica per deviare il flusso continuo dell’aria fredda. A seguito di contestazioni e di uno sciopero breve di 30 minuti, da parte di dieci lavoratori, a quali Stellantis ha addebitato loro l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro. Due settimane dopo, la sanzione disciplinare: un’ora di multa.

La questione è finita in Tribunale davanti il giudice del lavoro che ha quindi qualificato senza dubbio la condotta di Stellantis come “antisindacale” in quanto “oggettivamente idonea a ledere gli interessi collettivi di cui è portatore il sindacato”. Una condotta che può “produrre effetti durevoli nel tempo, avendo una portata intimidatoria nei confronti di chi intende legittimamente esercitare il proprio diritto di sciopero, oltre che di discredito dell’attività sindacale della Fiom”. Purtroppo soprattutto nel Mezzogiorno sono numerosi i casi dove operai lavorano in fabbrica in violazione di quelle che dovrebbero essere le più basiche condizioni di vita lavorativa. Una situazione che non rende giustizia agli sforzi di operai che fanno di tutto per trainare le vendite del colosso italo-francese.





