C’è stata un’epoca nella quale la FIAT poteva sfidare i colossi tedeschi e francesi con soluzioni tecniche all’avanguardia. Scopriamo il modello più ambizioso della storia della Casa torinese.
Certe auto sono come brani musicali, ascoltati anni dopo l’uscita sono apprezzati anche molto di più dai giovani. La rivoluzione green in ambito automobilistico, non diversamente dal mondo delle due ruote sta facendo emergere una passione e un amore in certi giovani per alcuni modelli del passato. Molte autofficine, in Italia, stanno nascendo, per mano di giovani meccanici ed imprenditori, per restaurare e far rivivere su strada auto e moto di interesse storico che hanno segnato ricordi d’infanzia perchè legati alla vita di una famiglia.
Chi di voi oggi ha più di una ruga sul viso ricorderà, forse, per la curiosa forma un auto molto apprezzata all’epoca: La FIAT Ritmo. Senza andarle a cercare tra le immagine su Google vi invito a fare uno sforzo di memoria, un gioco: ricercare un particolare che vi ha segnato di quell’auto appartenuta magari ad un familiare, un amico o un vicino di casa. La prima cosa che salta alla memoria è la strana maniglia della portiera. Sono quei particolari indelebili, magari uniti a fatti particolari accaduti durante l’infanzia. Un auto ricercatissima all’epoca quanto rubata.
Ma perchè quest’auto della FIAT era così ricercata? Scopriamolo insieme: Il progetto 138, destinato allo sviluppo di un’erede per la 128, venne avviato nel 1972. L’obiettivo era quello di dare alla media FIAT un aspetto più moderno, in modo da tenere il passo delle protagoniste del segmento fuori dai confini nazionali, in particolare Volkswagen Golf e Renault 14.
La storia della FIAT Ritmo
Il marketing, per la prima volta nella storia della Fiat, assunse un’importanza determinante nella definizione del design della vettura. Il Centro Stile Fiat, guidato da Gianpaolo Boano realizzò una berlina di dimensioni contenute (meno di 4 metri di lunghezza), con avvolgenti paraurti in plastica (incorporanti anche le luci) e caratterizzata da un forte contrasto fra elementi circolari (fari, maniglie porta) e linee tese. Fu la prima auto italiana (in Francia la Renault 5 li aveva dal 1972) ad avere i paraurti integrati nel corpo vettura.
La Ritmo esordì al Salone dell’automobile di Torino del 1978. Nei mercati di lingua inglese, il nome fu cambiato in “Strada”. Al momento della presentazione erano disponibili due corpi vettura (3 e 5 porte), due allestimenti (L e CL) e quattro motorizzazioni. Alla base si collocava la versione 60, spinta da due motori rispettivamente di 1050 cm³ (per la 60L) e 1116 cm³ (per la 60CL); il primo era della famiglia “Brasile”, derivato dalla locale 147, il secondo di stretta derivazione 128; entrambi avevano una potenza di 60 CV. Poi c’era la versione 65 con un inedito 1301 cm³ (evoluzione del 1290 cm³ della 128) da 65 CV e infine la Ritmo 75, con cilindrata elevata a 1498 cm³ (75 CV) e disponibile anche con un cambio automatico a tre rapporti, un successo clamoroso.