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Moto

Superbike, quanto sono potenti? Ecco il numero dei loro cavalli

Published by
Giovanni Messi

Le Superbike sono moto derivate da quelle di serie, ma hanno delle performance brutali. Ecco quanti cavalli hanno questi siluri.

Lo spettacolo della Superbike ha preso il via lo scorso fine settimana a Phillip Island, dove si è disputato il Gran Premio d’Australia. Tuttavia, se c’era chi sperava in un cambiamento di fronte rispetto allo scorso anno sarà sicuramente rimasto deluso, perché la Ducati ed Alvaro Bautista hanno corso praticamente in solitaria, cannibalizzando il fine settimana australiano.

Superbike ecco quanto sono potenti (ANSA)

Il campione del mondo in carica ha infatti vinto Gara 1, la Superpole Race ed anche Gara 2, mettendo in cascina ben 62 punti, allungando subito a +28 sul primo inseguitore, vale a dire Andrea Locatelli su Yamaha. A quota 31 c’è la Kawasaki di Jonathan Rea, che dopo il secondo posto della prima tappa si è perso per strada nel corso del fine settimana.

La Ducati ha raggiunto un livello di superiorità nei confronti della concorrenza che è a dir poco spaventoso, e per ora sembra quasi impossibile pensare di competere contro i siluri della casa di Borgo Panigale. Su tutti, spicca ovviamente Bautista, che rispetto agli altri ha una marcia in più, ed a questo punto vale la pena chiedersi se quello del 2023 non sia un campionato già assegnato già in partenza.

Nelle prossime righe, vi spiegheremo quelle che sono le potenze in termini di cavalli delle moto di Superbike, ricordandovi che in questo week-end si tornerà subito in pista per il secondo round stagionale, previsto in Indonesia, sul tracciato di Mandalika. La sfida ai campioni della Ducati riparte subito.

Superbike, ecco la potenza delle derivate di serie

La Superbike è un campionato sempre molto affascinante, anche per via delle performance delle moto e della bravura dei piloti. A differenza della MotoGP, la potenza è leggermente inferiore, visto che la top class ha una spinta che varia tra i 270 ed i 290 cavalli, mentre le derivate di serie si “fermano” tra i 230 ed i 250 cavalli.

Ovviamente, avere un dato preciso è impossibile, visto che le squadre, per ovvi motivi, non intendono rivelare sino a quanto si può spingere la loro moto. Parlando di velocità di punta, com’è immaginabile, la differenza tra MotoGP e Superbike c’è, visto che la classe regina del Motomondiale è in grado di superare senza troppi problemi i 360 km/h, mentre le “cugine” si fermano tra i 320 ed i 330 km/h, che è sempre un bell’andare, ma che sono leggermente meno prestazionali.

Negli ultimi anni, le performance sono cresciute in entrambe le categorie, ma soprattutto per ragioni matematiche piuttosto che per le potenze, su cui si è comunque intervenuto molto anche a livello di elettronica. Le derivate di serie, tuttavia, restano riservate ad una nicchia molto più ristretta di appassionati, anche se la stessa MotoGP non sta di certo vivendo un momento positivo.

In entrambi i casi, il fascino di un tempo sembra svanito, sia per un fatto di personalità dei piloti che per uno spettacolo che è in lieve calo. Infatti, l’aerodinamica, come detto in precedenza, sta permettendo un incremento di performance, ma sta complicando le manovre di attacco e bloccando lo show.

Tutte quelle appendici che si vedono sempre più di frequente causano aria sporca, andando a complicare la vita a chi segue, rovinando le gomme ed impedendo di stare attaccato a chi è davanti. Questo è sempre stato il vantaggio delle moto rispetto alla F1 o alle auto in generale, ovvero una maggiore possibilità di battaglia e spettacolo in pista, ma ora anche questo sta venendo meno.

Le due ruote hanno bisogno di rinascere, visto che stanno vivendo un periodo davvero buio. La F1, ad esempio, sta conoscendo il periodo migliore di sempre a livello di popolarità, nonostante i domini di Mercedes e Red Bull che hanno ammazzato lo spettacolo e la competizione. Sulle due ruote, adesso, c’è la Ducati a recitare questo ruolo, nella speranza, per il bene dello sport, che qualcuno riesca ad infilarsi ed a lottare alla pari.

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