L’industria dell’Automotive sta vivendo una fase piuttosto delicata con tantissime novità tecniche. L’ultima novità potrebbe pensionare le auto a benzina.
Il parco auto italiano è notoriamente tra i più vetusti d’Europa, e la transizione ecologica chiesta a gran voce dalla Commissione Europea si scontra con difficoltà strutturali e socio economiche, in Italia come in altri Paesi, specialmente al Sud, dove la carenza strutturale di colonnine di ricarica per autovetture elettriche, rende oggettivamente difficile il passaggio all’elettrico.
L’Automotive sta attraversando una fase molto complessa per molteplici ragioni, basti pensare alla situazione che stanno vivendo i lavoratori del Gruppo Stellantis e la ricerca, delle case costruttrici, non si ferma per trovare soluzioni innovative e parallele all’auto a pile. Note case automobilistiche, soprattutto giapponesi, stanno muovendo da tempo i primi passi verso una direzione che ha dei precedenti storici: l’idrogeno.
Francois Isaac de Rivaz progettò nel 1806 il motore De Rivaz, il primo motore a combustione interna che funzionava con una miscela di idrogeno e ossigeno. Étienne Lenoir progettò la Hippomobile nel 1863. Paul Dieges brevettò nel 1970 una modifica al motore a combustione interna a benzina per trasformarlo in un motore a combustione di idrogeno. Attualmente esistono delle automobili che utilizzano la combustione interna dell’idrogeno, per esempio la BMW Hydrogen 7. Pertanto immaginare un auto ad idrogeno, oggi, non è fantascienza, infatti, il marchio britannico JCB ha ottenuto il via libera per poter commercializzare il suo nuovo motore a combustione interna ad idrogeno. Una gran bella novità, che interessa tutti o quasi i Paesi europei, ma non l’Italia, che al momento, resta a guardare gli altri. Ci si attendeva una super crescita dell’idrogeno, anche in termini strutturali, che non si è verificata.
La realizzazione di questo nuovo propulsore ad idrogeno ha chiesto l’impegno e la partecipazione di 100 ingegneri, e un investimento importante: 100 milioni di sterline. Il risultato è ottimale, una valida soluzione al motore a pile, ma ad oggi il vero problema sono gli alti costi di produzione. E’ auspicabile che per il futuro, una produzione su larga scala, limiti i costi, consentendo un’accessibilità a produttori e consumatori. Nel condividere il risultato positivo, rimaniamo con i piedi ben radicati al suolo, in attesa che anche l’Italia entri in un progetto simile.
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