C’è una nuova bufera che riguarda le auto elettriche nel nostro Paese ed è scoppiata per una marcia indietro che nessuno poteva immaginarsi
La politica sembra voler ostacolare il mercato delle EV con l’ultima decisione presa. Si alzano i costi e aumentano le lamentele a riguardo. Di certo è una forma di “protezionismo” che rischia di far discutere a lungo
Come ribadito più volte il mercato dell’elettrico sta subendo un rallentamento sulla tabella di marcia. La vendita di EV prosegue ma non alla velocità che ci si immaginava e con una flessione che ormai dura da qualche tempo. Il dato non riguarda solo il contesto italiano o europeo ma è diffuso a livello globale. La Cina sembra poter fare eccezione, con una produzione ancora molto alta e una domanda sostanzialmente costante. Basti pensare che nel 2024 la Repubblica Popolare ha superato con i propri marchi le esportazioni di EV del Giappone, da sempre leader del continente asiatico.
Proprio per frenare questo espansionismo sfrenato da parte di Pechino, la Commissione Europea ha imposto una registrazione doganale a tutte le auto elettriche provenienti dalla Cina. Questo non è andato giù a He Yadong, portavoce del ministero del Commercio cinese, che ha esposto la posizione del suo Paese in una recente dichiarazione.
“Queste misure non fanno altro che aumentare gli oneri già previsti per il normale commercio di veicoli elettrici”. Poi prosegue: “Si ostacola la cooperazione nel nuovo settore e si arriva a danneggiare gli interessi dei consumatori dell’Unione Europea”.
Insomma sul fronte asiatico non hanno molto digerito questo tipo di “protezionismo“, volto nella ratio originale ad impedire che vengano venduti veicoli cinesi (così come le altre merci) a prezzi troppo ribassati in UE rispetto alla concorrenza e rispetto al loro mercato interno. Questa regolamentazione rientra nell’inchiesta anti-dumping avviata lo scorso autunno.
Entrando nello specifico dell’Automotive, Bruxelles ha l’obiettivo di accertare se le aziende cinesi ricevano o meno fondi troppo corposi da parte dello Stato centrale. Questo creerebbe di certo uno squilibrio per quanto concerne la concorrenza internazionale. L’inchiesta dovrebbe terminare a novembre 2024 e in caso di riscontro di anomalie allora verrebbero imposti i famosi dazi in ingresso. Una mossa molto simile a quanto previsto da Trump durante il suo mandato presidenziale.
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